Maxi confisca di beni a commercialista gelese. C’è anche una mega villa

Redazione

Una lussuosa struttura Agro-venatoria nel Comune di Piazza Armerina, costituita da una riserva di caccia di 30 ettari, da un salone ristorante e da 7 residence prestigiosamente ristrutturati risalenti all’800 e 74 beni immobili (fabbricati e terreni), quote societarie in due società di Gela, autoveicoli e rapporti bancari, sono stati confiscati dalla Direzione Investigativa Antimafia, in esecuzione ad un decreto emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Caltanissetta su proposta della Procura della Repubblica di Gela. I beni, per un valore superiore ai 4 milioni di euro, sono riconducibili al gelese Salvatore Cascino, 49 anni, dottore commercialista e consulente fiscale.
Il professionista ha già precedenti penali per gravi illeciti fiscali commessi nel nord Italia nell’ambito della sua professione. In particolare nel settembre del 2010 è stato destinatario di provvedimento cautelare, emesso dal Gip di Brescia, per associazione per delinquere, falsità materiale e truffa ai danni dello Stato mediante indebite compensazioni tributarie, reati per i quali è stato condannato alla pena di 2 anni ed un mese di reclusione. Un’ulteriore serie di condotte oggetto di altri procedimenti penali con riferimento a fattispecie di tipo economico-fiscale e l’assidua frequentazione di soggetti gravati da pregiudizi penali della stessa natura, hanno consentito di sostanziare a suo carico la figura di “soggetto socialmente pericoloso”. Gli accertamenti delegati dalla Procura della Repubblica gelese alla Dia sfociati nell’odierno provvedimento di confisca rappresentano, peraltro, anche la ripresa e la prosecuzione di articolate attività investigative, risalenti al 2009 e condotte dalla Direzione Investigativa che avevano consentito non soltanto di accertare nei confronti di Cascino la sproporzione tra il suo elevato tenore di vita unito al consistente patrimonio immobiliare posseduto rispetto agli esigui redditi fiscalmente dichiarati, ma di ritenere che gli ingenti compensi introitati, frutto delle attività illecite poste in essere, siano stati investiti in lucrose attività imprenditoriali nel settore turistico-alberghiero.